Confesso che avevo più di un timore all’idea di intervistare un personaggio come Gabriele Rubini, meglio conosciuto come Chef Rubio, ma ci ha pensato lui stesso a mettermi a mio agio con un approccio tanto spontaneo quanto cordiale. Pochi convenevoli e subito una raffica di domande.
Dal rugby alla cucina, dalla palla ovale alle pentole. Sembrano mondi lontani e forse lo sono, ma con una caratteristica comune: ambedue le attività ti vogliono guardare negli occhi. Che ne pensi?
“Che sono d’accordo, sia il rugby che la cucina sono attività in cui devi accontentare te stesso e gli altri. Personalmente questa situazione mi esalta, perché amo il rugby così come la cucina. Ho iniziato a giocare a rugby per motivi di salute, praticando questo nobile sport per più di 15 anni, fino a quando una serie di infortuni mi hanno costretto ad abbandonare l’attività sportiva. La passione per il cibo e per i suoi segreti c’era già da tempo, da quando vedevo cucinare mia mamma o le mie zie. Il passo è stato quindi del tutto naturale.”
Tatuaggi come decorazione o come mezzo di comunicazione?
“La decorazione non c’entra niente. Tutti i tatuaggi che ho sono stati fatti in un determinato periodo della mia vita e sono tutti collegati tra loro. Ho voluto imprimermi alcuni segni che contengono precisi riferimenti.”
Una vita on the road e una passione per lo street food. Vocazione o scelta?
“Ritengo che la strada possa rappresentare, in pieno, il mondo, con le sue gioie e le sue sofferenze. Dalla strada nascono le cose più belle, le più sofferte. Sento sempre la necessità di muovermi, di conoscere nuovi mondi e nuove culture, i tanti luoghi che sembrano lontani e diversi, ma che in realtà hanno come fattore comune, l’uomo e le sue radici popolari. Per questo amo nil cosiddetto cibo da strada, per me il migliore”.
Il cibo di strada è tradizione, cultura, storia, mai avuta la tentazione di rivedere qualche piatto?
“In ogni piatto che preparo cerco sempre di metterci qualcosa di mio, ma non stravolgo mai la tradizione”.
Lo street food è parente stretto del fast food?
“C’è un particolare importante che non permette questo paragone. Ogni cibo di strada ha una sua storia e una tradizione alle spalle. Lo street food nasce per chi ama le cose buone e semplici e per chi spesso è costretto a fare di necessità virtù. Non si gusta solo una preparazione, ma morso dopo morso si ripercorre una storia.”
La scelta degli ingredienti utilizzati nello street food è solo legata alla tradizione o include anche la ricerca della qualità?
“Se consideriamo che ogni street food è profondamente radicato nel territorio di appartenenza è quasi impossibile escludere l’utilizzo di ingredienti di grande qualità. Nelle mie scorrerie televisive ho sempre cercato il meglio rivolgendomi a fornitori di provata affidabilità.”
È tanto che si parla di te come astro nascente della ristorazione, il grande salto verso la notorietà è legato al mezzo televisivo?
“Tutto credo di essere fuorché un astro nascente della ristorazione, questa definizione calza a pennello per altri personaggi. La mia presenza in video ha contribuito sicuramente a farmi conoscere dal grande pubblico, ma sono sicuro che grande merito spetti a Unti e Bisunti, una trasmissione diversa dai soliti format di cucina.”
A questo proposito, non credi che siano troppe le trasmissioni che diffondono la cultura culinaria, con il rischio di esaurire in tempi brevi l’interesse degli spettatori?
“Sentendo i commenti di molti amici e di tante persone che ho la fortuna di conoscere durante i miei spostamenti, devo dire che una certa saturazione affiora. Non amo quelle trasmissioni in cui il cuoco appare come una sorta di santone che, distaccato dal pubblico, fa passare un concetto di cucina asettico e privo di coinvolgimenti. Non è la cultura culinaria che viene trasmessa, ma la cucina come sfida. No, non mi piace e capisco che, alla lunga, possa venire a noia”.
Qual è il piatto che ami di più?
“Non c’è un piatto in particolare, ma amo molto il pesce crudo.”
Mi inviti a cena e mi prepari un piatto che ti riporta alla tua infanzia, quale?
“Non ho dubbi, le seppie con i piselli, una specialità di mia mamma. Se riusciamo a trovare il momento vengo a prepararlo a casa tua.”
Qualche aggettivo per definire Chef Rubio
“Aho, è mezz’ora che stamo a parlà, dimmelo tu un aggettivo per definirmi!”
Ce ne sarebbero tanti, ma “geniale” e “vero” su tutti.
Nicola Natili
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