Ogni volta è un’emozione forte, come se fossi rapito da un senso di liberazione che mi porta a lasciarmi andare totalmente tra le braccia di questa terra selvaggia che l’uomo ha saputo domare adattandola alle proprie esigenze. Questo è il mio rapporto con la Sardegna, una terra ostile che ha saputo forgiare un popolo unico, fedele custode di antiche culture e grandi tradizioni tramandate di padre in figlio fino ai giorni nostri. Un territorio in gran parte incontaminato, una natura che ti rapisce totalmente per le migliaia di sfaccettature che presenta e per i tesori che ognuna di esse custodisce gelosamente. Uno scrigno senza fondo in cui una parte importante spetta alla varietà e tipicità dei prodotti alimentari, piccoli capolavori derivanti dalla fantasia e dalla ritualità o direttamente offerti dalla natura. La lista è lunghissima ed è impossibile parlare di tutti nel breve spazio che mi viene concesso, ma questa breve panoramica non può non partire da quell’alimento che più di tutti rappresenta la sacralità della mensa sarda, il pane.
In Sardegna esistono tantissimi tipi di pane, ognuna legata ad un territorio o ad una ricorrenza. Il più conosciuto, quello che ha varcato i confini dell’isola, è il pane carasau, detto anche carta da musica, tipico della Barbagia e alimento principale per i pastori che trascorrevano lunghi periodi lontani da casa.
Pane Carasau
L’origine si perde nella notte dei tempi, forse risale all’età del bronzo, unica certezza è che il pane carasau è stato un compagno fedele ed insostituibile per i pastori. Il nome deriva dal termine carasatura che altro non è che l’ultima fase della lavorazione, la tostatura. Farina, lievito, acqua e sale sono gli ingredienti base, ma quello che non può mancare è quel rituale che vede tre donne, parenti o amiche, che trascorrono un’intera giornata impegnate nelle varie fasi della lavorazione. Tutto inizia con lo sciogliere il lievito nell’ acqua, mescolandolo con la farina di grano duro e lavorandolo abilmente con le mani negli appositi recipienti che, una volta, erano di legno. Trasferito l’impasto su un tavolo si continua nella manipolazione fino ad ottenere una pasta omogenea che verrà schiacciata uniformemente e tagliata in dischi che verranno lasciati lievitare per 2-3 ore sotto una coperta di lana. Al termine della lievitazione i dischi di pasta lievitata vengono nuovamente schiacciati e introdotti nel forno a legna ad una temperatura di circa 400-500 °C. L’alta temperatura farà gonfiare l’impasto fino ad assumere un aspetto bolloso ed è a questo punto che l’abilità delle donne diventa indispensabile. Si estraggono i dischi dal forno e servendosi di un coltello tagliente si dividono in due seguendo il senso orizzontale e procedendo immediatamente ad una seconda cottura, la carasatura, che renderà il prodotto duraturo e croccante. Il pane carasau può essere consumato tal quale, accompagnandolo con delle salse o, dopo averlo leggermente bagnato insieme ai salumi o al formaggio. Per la sua straordinaria adattabilità viene utilizzato anche nella preparazione di ricette più elaborate come il pane frattau, un delizioso piatto a base di pane carasau leggermente bagnato condito con uovo, pomodoro e pecorino grattato.
Altri tipi di pane
Il pane carasau è il più conosciuto tra i tanti tipi di pane prodotti in Sardegna, ognuno legato ad un territorio o ad una ricorrenza. Questa grande varietà fa capire che in Sardegna il pane non è solo un alimento, ma un elemento sacro che rappresenta cultura, storia e tradizioni.
Alle tipologie destinate al consumo quotidiano si aggiungono quelli preparati per celebrare occasioni importanti come celebrazioni patronali, nozze, battesimi o feste comandate.
Tra le prime ricordiamo brevemente, su pistoccu considerato il pane più antico, le costeddas, di antica tradizione, circolare con o senza un buco in mezzo, le spianadas, anch’esso di forma circolare, schiacciato utilizzato durante i lavori agricoli e per questo a volte decorato con motivi di riferimento, su civraxiu e tanti altri.
Un capitolo a parte meriterebbero i coccoi, diffusi in tutta l’isola, con nomi diversi. Questo tipo di pane viene preparato e consumato in determinate occasioni celebrative ed è finemente decorato. A seconda delle forme rappresentate i coccois vengono chiamati con nomi diversi: anadixedda se a forma di anatroccolo, pisci se un pesce, pilloni per un uccello, matz’ e froris se un mazzo di fiori, aranada per una melagrana. Il giorno di Pasqua viene consumato su coccoi de ou, elegantemente decorato e contenente un uovo, ma il massimo della decorazione si raggiunge in occasione di un matrimonio quando vengono preparati dei coccoi a forma di foglie, con artistici ricami che si intrecciano, fino ad arrivare a dei veri e propri bouquet di fiori e frutta.
Ci fermiamo, ma avremmo ancora molto da scrivere, da approfondire, da illustrare perché la cucina sarda, di cui il pane è uno dei più importanti protagonisti è un’espressione significativa di quella affascinante storia scritta da uomini e donne che hanno saputo domare una terra tanto generosa quanto selvaggia, madre e matrigna al contempo, trasformando la necessità in tradizione attraverso una ritualità unica e affascinante. E tutto questo regala emozioni.
Nicola Natili
Ottimo, articolo davvero interessante, era proprio quello che cercavo! Grazie per lo spunto!
Il pane civraxiu è ottimo da gustare come antipasto, caldo a fette con un goccio d’olio, oppure per la preparazione di squisite bruschette. Può essere conservato per più giorni senza alterare le qualità organolettiche e il suo gusto.
Conosco questo tipo di pane e le sue maestose qualità. Purtroppo lo spazio concessomi dalla redazione era limitato ed ho dovuto fare più che un articolo un volo radente su questo importante alimento che in Sardegna assuma un particolare valore. Grazie comunque per l’attenzione e ritenetemi a Vs. disposizione per qualsiasi ulteriore intervento. Se desiderate spazio sul mio sito con un articolo o un link, ne sarò ben lieto. Grazie mille
Nicola Natili – Food Blogger