Le tagliatelle coll’ocio era il piatto principale che veniva preparato il giorno della mietitura, un momento particolarmente impegnativo per le massaie dovendo mettere a tavola tutti coloro che, dalle prime luci dell’alba, erano impegnati nella raccolta del grano. Erano in tanti, uomini e donne, molti di casa, altrettanti provenienti dai poderi vicini, secondo un’usanza molto diffusa fino a qualche anno fa. Anche i più piccoli della famiglia partecipavano alla raccolta, non tanto per lavorare, quanto per partecipare a quella che era una festa. Le dita della mano destra, per proteggerle dall’uso incerto della falce, erano infilate dentro dei pezzi di canna e, tra un sorriso e una cantata, tutti nei campi insieme ai grandi. Un giorno importante, un gioco, che gioco non era, un momento di aggregazione e solidarietà che aiutava a crescere. E poi, all’ora di desina, tutti a tavola sotto la parata. Il pranzo era un momento molto importante e viste le tante bocche da sfamare, venivano sacrificati un numero considerevole di animali da cortile, dai piccioni ai polli, dalle faraone agli oci. La regola era che polli, faraone e piccioni fossero cotti nel forno a legna, mentre all’ocio veniva riservato una lenta cottura in umido con l’obiettivo di ottenere un superbo condimento per le tagliatelle, preparate in grande quantità mentre l’arrosto cuoceva nel grande forno.
Le tagliatelle della mietitura, inutile evidenziarlo, non bastavano mai e per questo motivo, dalla cucina, arrivavano in continuazione delle gigantesche insalatiere colme fino all’orlo.
Va da se che, al di la della ritualità della mietitura, queste tagliatelle coll’ocio possono essere preparate in qualsiasi stagione. Qualcuno, non senese, si chiederà cos’è l’ocio. Bene, l’ocio altro non è il maschio dell’oca. Per questa antica ricetta, tramandata di generazione in generazioni, si parte dall’ocio che dovrà essere spennato, lavato, fiammeggiato e tagliato in piccoli pezzi, tenendo da parte le frattaglie che verranno anch’esse pulite e lavate. Si prepara il battuto, ovvero un trito di sedano, carota, cipolla, prezzemolo, aglio, peperoncino e rigatino che andremo a “battere” con l’apposito coltello riscaldato sulla fiamma. Facciamo soffriggere il battuto in un capiente tegame in cui avremo versato dell’olio extravergine d’oliva, fino a quando non avrà raggiunto un bel colore dorato. Aggiungiamo la carne tagliata, le interiora spezzettate, lasciando sfrigolare a fuoco piuttosto sostenuto e girando in continuazione. Quando la carne sarà rosolata uniformemente, aggiungiamo un bicchiere di vino rosso che lasceremo sfumare, aggiustiamo di sale, pepe e uniamo il pomodoro insieme a due cucchiai di conserva stemperata in acqua calda. Lasciamo cuocere lentamente, a fuoco basso, fino a quando la carne si staccherà dall’osso. A questo punto chiudiamo la fiamma, preleviamo i pezzi di locio dal tegame, dividiamo le ossa dalla carne e tritiamo grossolanamente questa e le frattaglie con un coltello da battuto. Rimettiamo il tutto nel sugo di cottura e lasciamo cuocere, a fuoco basso, ancora per circa 15’-20’. Scoliamo le tagliatele in una insalatiera, irroriamo con il sugo di ocio e spolveriamo il tutto con del pecorino senese appassito.
Ingredienti
1 locio
1 costa di sedano
1 carota
1 cipolla
3 spicchi di aglio
1 mazzetto di prezzemolo
200 gr di rigatino
1 peperoncino
1 bicchiere di Chianti
1 kg di pomodoro maturo
2 cucchiai di conserva di pomodoro
pecorino senese appassito q.b.
olio extravergine d’oliva q.b.
sale e pepe q.b.
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