La gastronomia toscana ha ormai conquistato l’Italia e il mondo, ma come tutte le “griffe” che si rispettino, ha subito trovato qualcuno che tenta di trasformare in toscano ciò che non è. Non basta un fiasco di vino e una bruschetta per parlare di cucina toscana, che come è noto non si basa su apparenze ma ha radici molte profonde e lontane. Questa è una terra di grandi e tramandate tradizioni agricole, grazie alle quali, sulle nostre tavole, arrivano prodotti di grande qualità. Non è una forzatura, quindi, affermare che i primi caratteri della gastronomia toscana sono stati indirizzati dal lavoro che l’uomo svolgeva nei campi, dai prodotti ad esso legati. Non è un caso che la vera cucina toscana tende a valorizzare al meglio le qualità del prodotto da cucinare, a farne apprezzare in pieno i sapori e i profumi, senza mascherarli ricorrendo a combinazioni azzardate e del tutto arbitrarie. Chi ricorre alle tante preparazioni classiche della gastronomia toscana deve accettare i principi della salvaguardia del sapore originale, della semplicità di esecuzione e della genuinità degli ingredienti.
In un momento storico in cui, per tanti motivi e non tutti negativi, si sta affievolendo l’identità territoriale, diventa una missione salvaguardare le tradizioni enogastronomiche e, in tutta sincerità mal accettiamo quelle “rivisitazioni” tanto di moda tra alcuni chef, per lo più televisivi. Stravolgere un piatto che ha alle spalle una storia vera, scritta da uomini e tramandata negli anni è un atteggiamento che mai condivideremo.
Finora abbiamo parlato di gastronomia toscana in senso generale tralasciando che, in realtà, con questo termine si intende un immaginario contenitore in cui affluiscono le tradizioni agroalimentari delle decine di territori in cui è suddivisa la regione. Ogni provincia ha una sua connotazione gastronomica ben precisa e presenta ulteriori suddivisioni derivanti dalle caratteristiche morfologiche del territorio, dal microclima e, ovviamente, dalla storia passata.
In questo senso ha svolto e sta svolgendo un ruolo determinante la Ragione Toscana che, grazie ad un lavoro certosino e qualificato, ha catalogato, affiancandole a tutti quei prodotti che possono vantare il riconoscimento DOP e IGP, tutte quelle Preparazioni Agroalimentari Tradizionali (PAT), che direttamente o grazie a successive elaborazioni costituiscono la grande gastronomia toscana.
Nel presentare alcuni dei prelibati e unici prodotti compresi nell’elenco regionale, che sono alla base della gastronomia regionale, andremo a pescare nei grandi panieri territoriali, cercando di allestire un menù ricco e variegato che possa in qualche maniera rappresentare l’intero comprensorio regionale,
Antipasti
In alcune zone della Toscana si chiamano “principi di tavola” e il termine è oltremodo esplicativo. Affettati, crostini e ortaggi sottolio sono immancabili in un antipasto tradizionale. Ottimi sono il Prosciutto Toscano DOP, il superbo Prosciutto di Cinta e il Prosciutto del Casentino, senza dimenticare la Finocchiona di Firenze, il Lombino di Siena, la Mortadella di Prato e il Salame toscano in tutte le sue varianti. A questi salumi si abbinano egregiamente i Carciofi della costa tirrenica sott’olio e i famosi Crostini neri senesi a base di milza di vitello, fegatini di pollo e capperi. Assolutamente consigliati e da assaggiare sono il Buristo di Siena, un insaccato a base di sangue di maiale e il suo parente stretto lucchese, il Biroldo. Chi volesse indirizzarsi verso una offerta diversa, può virare decisamente sulle classiche bruschette, rigidamente con pane toscano condito con uno dei tanti oli prodotti nella regione, sul Pecorino di Pienza, fresco o appassito secondo i gusti e magari dell’Arista sott’olio alla maniera pistoiese.
Primi piatti
L’onore di aprire la rassegna dei primi piatti non può che essere assegnato alla Ribollita, una zuppa di fagioli, verdure e pane raffermo tipica del fiorentino ma ormai diffusa in tutta la regione. Rimanendo sulle zuppe segnaliamo la Minestra di Farro alla lucchese e l’economica, ma eccellente, Acquacotta alla Maremmana. Rimanendo in questa parte della Toscana troviamo i Tortelli Maremmani, spinaci e ricotta racchiusi in un velo di pasta all’uovo e conditi con burro e salvia o con il classico ragù toscano. Antichi e, ahimè, violentati da condimenti assolutamente improponibili sono i Pici della Val d’Orcia, degli spaghetti fatti a mano che la tradizione vuole conditi con un sugo con le briciole di pane, pepe, olio e pecorino senese o con un ragù di nana muta così come vengono cucinati in Valdichiana. Tutti gli altri condimenti sono arbitrari, totalmente al di fuori della tradizione e di discutibile gusto.
Per chi ama i sapori forti della caccia troverà soddisfazione davanti ad un fumante piatto di Pappardelle sulla Lepre o sul Cinghiale alla maniera Chiantigiana. Ci sono ancora due zuppe particolari, ma di grande gusto. A Pistoia possiamo gustare il Carcerato, una zuppa di pane ammollato nel brodo di interiora bovine a cui vengono aggiunte odori dell’orto, pepe e pecorino toscano; a Lucca, invece, la Garmugia, una minestra a base di carne di maiale, di vitellone, piselli, carciofi, asparagi e fagioli che copre delle fette di pane raffermo e abbrustolito. Non possiamo, infine, dimenticare l’offerta che ci arriva dalla costa, il Cacciucco livornese, piatto simbolo della toscana che si affaccia sul mare.
Secondi Piatti
Se non è il simbolo della gastronomia toscana, poco ci manca. Parliamo della Bistecca alla Fiorentina, che non può prescindere dall’essere cotta al sangue e sulla brace. Chi ama la carne ben cotta, ne faccia a meno, sarebbe un peccato stravolgere un piatto conosciuto in tutto il mondo e di antichissima tradizione. Sempre ricorrendo alla cottura sulla griglia, metodo molto utilizzato in questa parte d’Italia, possiamo gustare un bel Pollo del Valdarno, aperto a libro e arrostito; il delicato Agnello di Zeri, un ovino autoctono delle Apuane dalla carne saporita e succulenta e l’invitante arrosto misto alla griglia in cui fanno bella mostra di se le salsicce, il costoleccio, le bistecchine di maiale, possibilmente di Cinta Senese, accompagnate dai fegatelli conditi con semi di finocchio, sale e pepe. In Maremma si prepara la Scottiglia, un insieme di carni miste, portate a cottura con pomodoro e servite con crostini di pane, mentre sulla tavola dei pratesi non possono mancare i Sedani alla Pratese, un saporito impasto di carne, fegatini di pollo, uovo e spezie racchiuso nelle coste di sedano, fritto e poi ripassato in abbondante sugo di carne.
A Livorno, invece, preparano un piatto di pesce conosciuto ormai, anche questo, in tutta Italia, le Triglie alla Livornese, in cui il saporitissimo pesce di scoglio, viene cotto in un delicato sugo di pomodoro a cui conferisce un gusto inimitabile. Ultima, ma non ultima in ordine di diffusione, è la Trippa di cui si hanno decine di versioni. Possiamo dire che ogni città della Toscana ha una sua ricetta, ma quello che potrete trovare solo a Firenze e che rappresenta un vero e proprio cult, da assaggiare assolutamente, è il Panino col Lampredotto che viene venduto lungo le strade cittadine.
Contorni
Potremo dedicare questa sezione prevalentemente ai fagioli, un legume che, per poliedricità di utilizzo “fa da mamma e da babbo”, come dicevano i vecchi delle campagne toscane. Tanti tipi di fagioli e altrettanti le modalità di utilizzo: all’uccelletto con o senza salsicce, all’olio, cotti al fiasco, trasformati in purea e tante altre preparazioni. Molto utilizzati per accompagnare piatti di carne, anche i Carciofi della Costa Tirrenica, il Carciofo di Empoli e lo sconosciuto, ma eccellente Carciofo di Chiusure, coltivato solo in un un piccolo borgo nel comune di Asciano. Molto utilizzati anche il cavolfiore, il cavolo nero, gli spinaci, le cima di rapa, “i rapi” alla toscana e la zucca lardaia.
I dolci
Da un rapido conto che abbiamo fatto i dolci tipici della Toscana sono abbondantemente più di cento. Tra questi ce ne sono molti la cui fama ha varcato i confini regionali. È così per il Panforte di Siena, per i Ricciarelli di Siena IGP, per il Buccellato di Lucca e per i Cantuccini di Prato che, inzuppati nel Vin Santo, rappresentano il degno epilogo di un pranzo all’insegna della cucina Toscana.
Nicola Natili
Sono un toscano della Val di Chiana.
mi complimento per le ricette presentate sono veramente eccezionali e giuste nell’esecuzione.
non rammento l’esecuzione di quando abitavo in toscana perciò ho solo due piccoli dubbi. Mi riferisco alle ricette di pastasciutte, in particolare il sugo di anatra e di coniglio.
Nella preparazione della carne, la pelle dell’anatra, essendo molto grassa, si deve tritare assieme alla carne o va eliminata? Inoltre nel sugo di coniglio e anatra per la carne tritata si utilizza il sughetto di cottura e relative verdure, o siè necessario eliminare tutte le verdure che assieme alla carne si sono un poco bruciate e potrebbero rendere un cattivo sapore.
grazie
cordiali saluti
romeo
Ciao Romeo, per prima cosa mi scuso per il ritardo con cui ti rispondo, ma sono stato all’estero per 4 mesi. Provo a rispondere alla tua domanda.In ambo i casi, anatra e coniglio, la carne deve essere non tritata ma spezzettata finemente, pelle compresa. Circa gli odori utilizzati come base, devono essere finemente tritati, per intendersi il vecchi battuto di una volta e, cosa importante, si deve stare attento a non fare bruciare il fondo, perché anche se lo elimini il saporaccio rimane. In questo ti può essere di aiuto, oltre all’attenzione, l’utilizzo di acqua o brodo (un cucchiaio alla volta). Ti ringrazio per l’attenzione che dedichi al mio lavoro e ricambio i saluti con stima e amicizia. Nicola Natili