Aja mola e iemuninni….alla scoperta della Tonnara Florio

tonnara bosco

Chi pensa di recarsi a visitare un reperto di archeologia industriale, ben presto si ricrederà. L’ex stabilimento Florio è ancora vivo e sono le tante memorie che raccoglie in se a far battere  ancora l’antico cuore. Il complesso industriale è da mozzafiato, con le altissime volte di tufo bianco e gli archi arabeggianti a sesto acuto che si intrecciano armonicamente creando un atmosfera unica, severa, quasi sacra. Le barche sono li, pronte ad uscire in mare, a puntare la prua verso la mattanza, verso un rituale tra il sacro e il profano.  Ci sono tutte: i vasceddi, le bastardedde, i varcuni, la muciara. Tutto è in ordine, tutto è rimasto com’era, dal “bosco” dove venivano appesi i tonni appena scaricati dal vascello, alle grandi batterie di cottura che si alternano a snelle ciminiere che si infilano con grazia nell’azzurro del cielo, dalla sala dell’inscatolamento, dove fanno bella mostra di se le scatole di latta stagnata, al reparto di sterilizzazione. Non mancano le voci dei protagonisti sapientemente proposte nel padiglione Torino grazie ad un intervento tecnologico che supera la propria naturale freddezza per dare corpo a chi  nello stabilimento ha lavorato, a chi la mattanza l’ha vissuta. E poi c’è il mare. Anche lui fa sentire la sua voce. E’ la risacca che rimbomba nel malfaraggio, grande spazio dove vengono conservate le barche, le reti e le ancore. Ne nasce una musica unica, mai monotona che inevitabilmente fa spiccare il volo alla fantasia. Basta chiudere gli occhi e siamo pronti rivivere  una storia unica, di amore e di morte, una tradizione secolare che, seppur quasi estinta, è ancora molto sentita. E’ insistente la voce del mare, quasi un’invocazione. Chiama i tonnaroti uno ad uno, chiama il Rais: è l’ora della mattanza. Peppe ‘nue, custode di ricordi e non di cose, intona la cialoma, l’ antico canto di origine araba che accompagna la pesca dei tonni:

“Aja mola e iemuninni/Jesu Cristu cu li Santii e lu Santu Sarvaturi/ Criasti luna e suli/ Criasti tanta genti/ Criasti i pisci a mari/ Li tunni e li tunnari/ U prumettiri e nun mancari/ E stu Diu n’avi aiutari/ E mannarini ‘n salvamentu/ Arbu ri mari e ‘mpuppa u ventu/ Nu gran portu suttaventu/ E putiri ancurari…”

Non recita una preghiera, non una poesia. Niente folclore.  Peppe è sulla muciara ed io con lui.

Nicola Natili

 

La Storia

tonnara scatolette

La storia dello stabilimento Florio inizia nel 1859 quando il genovese Giulio Drago si insediò nell’isola di Favignana e costruì il primo nucleo. Nel 1878 subentrò Ignazio Florio che,  incaricò l’architetto Giuseppe Damiani Almeyda di progettare lo Stabilimento Florio. Il grande opificio si sviluppava su un’area di 32.000 mq, e  per la prima volta si iniziò a conservare il tonno sott’olio confezionandolo in contenitori di latta stagnata. Con il declino della famiglia Florio subentrarono Giovanni Battista e  Vittorio Parodi, una famiglia genovese che, nel 1937,  acquistò lo stabilimento e le tonnare di Favignana e Formica. La produzione del tonno sott’olio continuò proficuamente per molti anni contribuendo in maniera sostanziale  all’economia locale. Fu agli inizi degli anni ’80 che, per le mutate dinamiche di mercato, perse la competitività e fu costretto a chiudere. Acquisito al patrimonio regionale è stato sapientemente restaurato e dal 2009 è aperto al pubblico.

 

La memoria

peppe

Non è un reduce che racconta la propria vita, è un uomo che rida vita a quello che è stato il più grande stabilimento per la produzione del tonno sott’olio. Il legame di Giuseppe Giangrasso, detto “Peppe ‘nue” con lo stabilimento Florio inizia nel 1962, quando fu chiamato per un incarico di tre mesi come imbianchino, poi confermato come “testaro” e infine “ronchiatore”, ossia tagliatore di teste.

Ora è il custode del restaurato complesso, la memoria storica dell’ultimo periodo di produzione prima della chiusura, l’elemento che ancora riesce ad animare questa cattedrale industriale.

“Ho passato qui dentro gran parte della mia vita e il legame con questo stabilimento è ormai indissolubile. Non ho conosciuto la famiglia Florio, ma posso dire che la mia esperienza con i Parodi di Genova è stata importante. E’ grazie a loro che molte famiglie hanno potuto vivere dignitosamente e godersi la vecchiaia. Non sono stati “padroni”, erano imprenditori che rispettavano i lavoratori, basti pensare che qui dentro c’era un asilo nido per accogliere i bambini delle lavoratrici. Dire che eravamo una grande famiglia è quasi scontato, ma è la verità. Oggi non si fa più mattanza e lo stabilimento è chiuso da molti anni, ma voglio portare la mia testimonianza, la mia storia, che poi è quella di un’intera comunità. Parlo al passato, ma è come se adesso fossi qui ad attendere l’arrivo del “vascello” e il suo prezioso carico di tonni.”

Nicola Natili

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